La fava è un legume antichissimo, coltivato già nell’età del bronzo, e conosciuto e apprezzato da Greci e Romani. Fino all’inizio del ‘500 fu il più importante non solo come alimento, ma anche per il suo valore simbolico e mistico. Con l’arrivo dei fagioli americani il suo consumo e il suo valore scesero costantemente, tanto che all’inizio del ‘900 veniva consumata solo da chi non aveva altro per potersi sfamare. Negli ultimi anni la coltivazione e il suo conseguente impiego ha avuto un notevole incremento.
Si può trovare fresca da aprile a giugno, da assaporare anche cruda, magari con un buon pecorino e salumi, o cotta in vari modi, oppure la si trova secca o surgelata durante tutto l’anno, ottima in purea (macco di fave) o aggiunta nelle minestre.
Presenta un caratteristico sapore dolce simile a quello dei piselli, ma a differenza loro contiene meno amido, ed ha invece un elevato contenuto di proteine vegetali, vitamine, sali minerali, ferro e fibre contenute nella buccia. Al momento dell’acquisto bisogna scegliere le fave fresche con baccello duro e croccante, lucido e di un bel colore verde brillante, privo di macchie e screpolature. A garanzia di freschezza, vale lo schiocco che fa il baccello quando si spezza. Tra le migliori produzioni segnaliamo le fave larghe di Carpino, in Puglia, e quelle di Modica e Leonforte in Sicilia, comunque tipiche dell’intera area mediterranea. Ma ricordiamo che fino agli anni ‘50, nelle regioni del nord, anche oltre i 1000/1200 metri, le fave, nelle varietà minute, si coltivavano in tutti gli orti famigliari, come unico legume. Tra tanti benefici esiste anche una forma di intolleranza, il favismo, che può provocare una rapida intossicazione con l’ingestione o solo con la semplice inalazione del polline della pianta in fiore.