Le semine dei ceci sono iniziate indicativamente a marzo (anche se alcune varietà vengono seminate già nel tardo autunno), e a maggio inizia la loro fioritura, con la raccolta del prodotto secco che è prevista tra luglio e agosto. Oggi risulta tra le colture maggiormente in crescita, alla luce dei nuovi sistemi agricoli e della politica di sviluppo rurale, che affida alle leguminose un ruolo centrale sia per la sostenibilità ambientale (rotazione delle colture), che per il recupero delle produzioni agroalimentari d’eccellenza nazionale. La sua coltivazione è distribuita su oltre 26.000 ettari (fonte 2019) e raggiunge i 475.000 quintali: per fare un raffronto, nel 2008 erano 5.265 gli ettari e 65.000 i quintali prodotti. Oggi il cece risulta essere la terza leguminosa più prodotta nel mondo, dopo soia e fagiolo. L’Italia nella produzione si posiziona al 17° posto, seconda in Europa dopo la Spagna, con le coltivazioni biologiche in crescita costante. Tradizionalmente questo legume viene coltivato nelle regioni centro -meridionali, con rare eccezioni al nord Italia (un tempo era però prodotto in tutte le regioni). Ne esistono numerose varietà ed ecotipi locali, alcuni di grande pregio gastronomico e storico. Ecco un elenco diviso per regione, tra ceci chiari, rosa, rossi e neri, ognuno con caratteristiche e peculiarità uniche, da conoscere e provare. Di alcune delle varietà indicate, potrete trovare nel sito la scheda descrittiva (https://www.legumichepassione.com/cece.html) : CECE BIANCO ABRUZZO CECE DI NAVELLI – AQ – Presidio Slow Food CECE DI CAPITIGNANO – AQ CECE DI PENNE – PE CECE DELLA MAJELLA (a pisello) CECE DI GORIANO SICOLI – AQ CECE PIZZUTO DI CASTELVECCHIO CALVISIO – AQ CECE SULTANO DI LORETO APRUTINO – PE CALABRIA CECE DI SERRASTRETTA – CZ (CICIARI DE MONACHE) CECE DEL POLLINO CALIA - CECI ABBRUSTOLITI BASILICATA CECI DI MELFI – PT CECI DI MATERA CECE LUCANO LAZIO CECE DAL SOLCO DRITTO VALENTANO – VT CECE DI CANEPINA – VT CECE DI ONANO – VT (Cerère, Otello, Flora) SICILIA CECE PASCIÀ CECE DELLA VAL D’ERICE CECE PRINCIPE CECE DI VILLALBA – CL MARCHE CECE QUERCIA DI APPIGNANO – MC CECE SULTANO MOLISE CECE DI RICCIA – IS PIEMONTE CECE DI MERELLA – AL CECE DI NUCETTO – CN TOSCANA CECE PERGENTINO (Arca del Gusto) CECE PICCOLO DEL VALDARNO CECE RUGOSO DELLA MAREMMA CECE DELLA LUCCHESIA CECE DI SORANA – GR CECE CAPUCCIO DELLA VALTIBERINA PUGLIA CECE BIANCO DELLA MURGIA CECE DEL MONTE FAETO – FG CECE DI NARDO’ – LE UMBRIA CECE PICCINO DI SPELLO – PG SARDEGNA CECE DI LOGUDORO CECE DELLA MARMILLA CAMPANIA CECE DI CICERALE – SA – Presidio Slow Food CECE DI CONTRONE – SA CECE DI TEANO – CE – Presidio Slow Food CECE DI VALLE AGRICOLA – CE CECE DEL FORTORE CECE DI FINUCCHITO CECE DELLE COLLINE CAIATINE CECE IRPINO CECE DEL MATESE CECE PICCOLO DEL SANNIO CECE DI CASTELCIVITA – SA (Monti Alburni) CECE DI CAPOSELE – AV CECE PERGENTINO CECE ROSA TOSCANA CECE ROSA DEL CASENTINO – AR CECE ROSA DI REGGELLO – FI MARCHE CECE ROSA DI STAFFOLO – AN CECE ROSSO PUGLIA CECE ROSSO DI CASSANO MURGE – BA LIGURIA CECE ROSSO DI ORCO FEGLINO – SV ABRUZZO CECE ROSSO DI NAVELLI – AQ CECE NERO PUGLIA CECE NERO DELLA MURGIA CARSICA – Presidio Slow F CECE NERO DI CASSANO MURGE – BA CECE NERO DI MURO LECCESE – LE CAMPANIA CECE NERO DEGLI ALBURNI CECE NERO DI GROTTAMINARDA CECE NERO IRPINO CECE NERO DEL MATESE SICILIA CECE NERO DEGLI IBLEI CECE NERO SICILIANO BASILICATA CECE NERO DI TOLVE – PZ ABRUZZO CECE NERO DE L’AQUILA CECE NERO DI CAMARDA MARCHE CECE NERO MARCHIGIANO Un vero patrimonio da salvaguardare! CECE NERO DI TOLVE
Dopo aver raccontato la storia della particolarissima lenticchia nera di Calasetta, oggi parliamo delle altre lenticchie nere coltivate in Italia. Sono di origine asiatica, anche se molte arrivano dal Canada e dalla Turchia (fate quindi attenzione all’etichetta), e ne esistono di diverse forme e dimensioni. Le più conosciute sono chiamate “beluga” perché piccole, rotonde e lucide, e assomigliano quindi al famoso caviale nero. La coltivazione in Italia è piuttosto marginale e limitata a poche regioni. La più rinomata è senza dubbio la lenticchia nera delle Colline Ennesi, da pochi anni diventata anche un presidio Slow Food, e il paese di Leonforte è il suo centro, conosciuto anche per un altro legume, la Fava larga, altro presidio. Anche se storicamente è il territorio dell’entroterra ennese il più vocato alla loro coltura, vengono prodotte abitualmente anche in altre province siciliane. La lenticchia delle Colline Ennesi presenta il tegumento nero, ma una volta cotta assume un bell'aspetto brunito, con un contenuto di ferro e proteine notevole. LENTICCHIA NERA DELLE COLLINE ENNESI Piccole coltivazioni di lenticchie nere le troviamo in Abruzzo, quali la lenticchia nera delle Rocche (AQ), e quella di S. Stefano di Sessanio (secondaria rispetto alla loro fantastica lenticchia chiara). In provincia di Viterbo abbiamo la lenticchia nera della Tuscia, a Sorano (GR) la lenticchia nera maremmana e, nel cuore del Parco Nazionale del Cilento (SA), la lenticchia nera degli Alburni. Le lenticchie nere presentano un sapore intenso, leggermente aromatico, si sposano perfettamente con il pesce, gamberi e baccalà in modo particolare, e con i sapori agrumati, zenzero compreso. Risultano ottime anche per la classica zuppa con erbaggi di campo, o verdure di stagione. Non necessitano di un ammollo preventivo (ma uno breve comunque lo consigliamo) e cuociono in poco tempo (circa 40 minuti). LENTICCHIA NERA BELUGA Ecco alcune aziende di riferimento delle lenticchie citate (naturalmente ce ne sono altre): Lenticchia nera di Calasetta [email protected] – Calasetta (CI) Lenticchia nera delle Colline Ennesi (Presidio Slow Food) Referente produttori [email protected] – Leonforte (EN) Lenticchia nera delle Rocche – [email protected] – Rocca di Mezzo (AQ) Lenticchia nera della Tuscia – [email protected] – Grotte di Castro (VT) Lenticchia nera tipo Beluga – [email protected] – Rapolano Terme (SI) Lenticchia nera di Sorano – [email protected] – Sorano (GR) Ulteriori informazioni su alcune varietà le potete trovare nelle schede complete inserite nel sito. In tema di biodiversità e di valorizzazione di piccole produzioni territoriali, ci sembra molto interessante il percorso fatto dalla comunità di Calasetta, incantevole borgo sardo, che si trova nella punta settentrionale dell’isola di Sant’Antioco, nell’arcipelago del Sulcis. Vi raccontiamo questa storia, inviataci dalla presidente della Comunità di tutela della Lentiggia naigra de Cadesedda, sperando sia di ispirazione per le moltissime realtà presenti in ogni regione, che potrebbero sfruttare questo momento di rinascita e rilancio dei legumi, per creare un circolo virtuoso che possa portare anche ad uno sviluppo economico e turistico locale. Leopoldo Simonato – Legumi che passione “La Lenticchia Nera di Calasetta. Un percorso di tutela e valorizzazione di una biodiversità identitaria Tabarchina”Storicamente, si presume che la lenticchia a Calasetta, sia stata importata dall'isola di Tabarka, sulla costa tunisina, attraverso i tabarchini, antichi coloni liguri di Pegli, inviati nel 1544 dalla famiglia genovese dei Lomellini e specializzati nella pesca del corallo. Dopo innumerevoli vicissitudini, nel 1770, quarantotto famiglie giunsero a colonizzare l'isola di Sant'Antioco, dediti alla coltivazione e all’agricoltura. In passato, quando l'intero territorio agricolo era interessato dalla coltivazione della vite, la lenticchia nera veniva seminata al centro dei filari dei vigneti. Testimonianze del passato ricordano che la lenticchia veniva usata dai contadini come scambio con i prodotti della pesca, e coltivata esclusivamente da famiglie povere come fonte proteica, non potendo accedere alla carne. Nel 2017 la produzione della lenticchia nera di Calasetta, era ridotta a pochissimi chilogrammi e la sua coltivazione praticata da un ridottissimo numero di abitanti in età avanzata. Questa situazione esponeva la coltura ad un elevato rischio di estinzione. Nello stesso anno, l’agenzia Laore, propose un bando regionale rivolto alle imprese agricole per incentivare la ripresa della coltivazione di biodiversità vegetali. A questo bando, partecipò l’azienda agricola biologica Tupei di Calasetta, proponendo di coltivare la lenticchia nera, denominata nella lingua tabarchina “lentiggia naigra de Cadesedda”. Inizia quindi la coltivazione su una superficie di circa 200 mq., grazie ai semi forniti dall’agricoltore Daniele Rivano, rimasto ormai uno dei pochi che producono a Calasetta la lenticchia per il fabbisogno famigliare, secondo i saperi tramandati dal nonno e da suo padre. Nel 2018 viene costituita la “Comunità di tutela della lenticchia nera di Calasetta- lentiggia naigra de Cadesedda”, con la finalità di tutelare, conservare e valorizzare questa e altre biodiversità del territorio. Nel 2019 sono stati prodotti circa 50 kg. di lenticchie nere, mentre nel 2020 sono raddoppiate con circa 100 kg., con il coinvolgimento di dieci aziende, tre delle quali certificate biologiche. Viene quindi presentata l’istanza per il riconoscimento di P.A.T. accompagnata da una relazione storica, economica e da documentazione fotografica che attesta la coltivazione della lenticchia nera di Calasetta da almeno tre generazioni. Nel 2020, la lenticchia viene inserita nell’elenco dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali della regione Sardegna. Dal punto di vista botanico, non appartiene alla specie “Lens culinaris” bensì, grazie al lavoro di ricerca dell’Agenzia regionale Agris con il dipartimento di agraria dell’Università di Sassari, alla specie Vicia articulata, che in Sardegna è presente solo a Calasetta.
Riguardo la coltivazione, il periodo di semina avviene a gennaio-febbraio, ma si presta ad essere seminata anche in autunno, in quanto nelle annate siccitose, la fioritura, momento delicato ai fini produttivi, ha maggiore probabilità di ricadere in un periodo umido. A giugno-luglio, con la maturazione dei frutti e il disseccamento dell’intera pianta, si procede all’estirpazione e all’esposizione al sole. Si prosegue poi con la trebbiatura manuale e la battitura, impiegando dei bastoni di legno al fine di favorire la rottura dei legumi e la fuoriuscita dei semi che andranno poi separati dalle restanti parti della pianta, attraverso operazioni di ventilazione all’aperto, di setacciatura e selezionamento. Le rese produttive sono elevate, considerato che seminando 200 gr. si possono ottenere anche 6-8 kg. di lenticchie. Si possono avere quindi rese pari a 30-40 volte la quantità di seme seminato. Si tratta di una pianta, capace di rispondere ai cambiamenti climatici, in quanto resistente alla siccità, adatta e produttiva anche nei terreni più marginali, poveri e fonte di proteine vegetali per l’alimentazione umana. Per Calasetta e la sua comunità la lenticchia nera contiene elementi gastronomici, storici, culturali e biodiversità, meritevoli di essere considerati degli attrattori in un discorso di sviluppo turistico sostenibile. Silvana Pusceddu Presidente Comunità di tutela “Lentiggia naigra de Cadesedda” Azienda agricola Ricci Michele – Agriturismo Tupei – Calasetta [email protected] – cell. 3394752458 Francesco Severino Sanna Agenzia Laore Sardegna BIBLIOGRAFIA LAGHETTI, G., PIERGIOVANNI, A., GALASSO, I. et al. Single-flowered vetch (Vicia articulata Hornem.): A relic crop in Italy. Genetic Resources and Crop Evolution 47, 461–465 (2000). Comune di Calasetta, Comunità tutela lenticchia nera di Calasetta, Agenzia Laore Sardegna Video- La lenticchia nera di Calasetta “lentiggia naigra de Cadesedda” Un percorso di tutela e valorizzazione di una biodiversità Tabarchina” – 4 settembre 2020 Il fagiolo di Spagna (Phaseolus Coccineus) è sicuramente una delle più belle varietà di fagiolo, facile da identificare per la dimensione decisamente più grossa rispetto alle altre e, vista la sua presenza in quasi tutti i territori montani italiani, da nord a sud, vale la pena di conoscerla meglio. Originaria del Centro America, in particolare dal Messico, arriva in Europa oltre cento anni dopo il Phaseolus Vulgaris (la grande famiglia dei borlotti), esattamente nel 1633 per mezzo del naturalista e collezionista inglese J. Tradescant, che lo portò nel “suo” orto botanico di South-Lambeth.
La pianta, rampicante, alta fino a tre metri, è stata coltivata per molto tempo solo a scopo ornamentale, grazie ai delicati fiori rossi o bianchi simili a piccole orchidee, e piantata nei giardini o in vasi disposti nelle finestre delle ricche dimore. Ancor oggi, per gli inglesi, rappresenta “la pianta di fagioli” per eccellenza, è presente in moltissimi orti domestici, dove unisce la bellezza dei fiori alla bontà – e abbondanza – dei semi. Anche in Friuli veniva usata come pianta ornamentale fino ai primi del ‘900, e chiamata “Fasul di rose”, i cui semi vengono descritti nel vocabolario friulano di Jacopo Pirona “molto grossi e picchettati di nero e di rosso, e sono pure commestibili” . In Italia, come detto, il fagiolo di Spagna è coltivato prevalentemente in montagna, come la stragrande maggioranza delle varietà rampicanti che in pianura difficilmente riescono a produrre un buon quantitativo di semi, ed è presente in molte regioni. In cucina viene normalmente consumato lessato, in insalata, condito con olio locale, o abbinato ad erbaggi; risulta invece meno adatto alla preparazione di minestre e zuppe. Caratteristico è il suo sapore che ricorda la nocciola. Viene utilizzato anche in altre cucine europee, Spagna e Grecia prediligono la varietà “bianco di Spagna”, mentre in Austria e Germania vengono preferiti gli ecotipi “marmorizzati”, con varie colorazioni. Ecco una lista dei “Fagioli di Spagna” presenti in Italia (di cui trovate alcune schede complete nel sito) ABRUZZO FAGIOLO A FAVA - AQ FAGIOLOTTA BIANCA - AQ FASCIOLOZZE o FAVONE - TE CALABRIA PAPPALUNI D’ASPROMONTE - RC FAGIOLO A FAVA DEL REVENTINO - CZ FAVARULA NERA - CZ FRIULI V.G. FAGIOLO GIGANTE DI PLATISCHIS - UD FAGIOLO GIGANTE DI RUALIS - UD FAGIOLO FIORINA DI LUSEVERA - UD LAZIO FAGIOLONE DI VALLEPIETRA – RM LIGURIA FAGIOLANA DI TORZA – SP LOMBARDIA FAGIOLO DELLA VALVESTINO - BS COPAFAM DELLA VAL CAMONICA – BS FAGIOLO DEL TONE - VAL SERIANA - BG FAGIOLO DI CLUSVEN / GANDINO – BG MARCHE FAGIOLO TURCO O CIAVATTONE BIANCO - MC FAGIOLO DE LI ROTELLI – PASSO TREIA – MC MOLISE FAGIOLI DI CASTEL S. VINCENZO – IS PIEMONTE FAGIOLANA DELLA VAL BORBERA - AL TOSCANA SCHIACCIONE DI PIETRASANTA – LU FAGIOLA GARFAGNANA o CASCIANA - LU FAGIOLA FIORENTINA TRENTINO FAGIOLI CECCONI DI CAPRIANA – TN FASOLE “BAGIANE” DI TESERO – TN FASOLANE DI STORO – TN FASOLE DI CASTEL TESINO – TN FAGIOLO DI SPAGNA DELLA VAL D’ULTINO – BZ VALLE D’AOSTA FAGIOLI GAMEA’ - AO VENETO FASOLA DEL DIAVOLO - VI FASOLA DI POSINA “POSENADA” - VI FAGIOLO CORONA DI FELTRE - BL FASOLE “ZOTE” DEL FELTRINO - BL Un vero patrimonio da salvaguardare! |
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