Mai come quest’anno attendiamo tutti la primavera, tempo di rinascita, nel senso più ampio del termine, ma anche della semina, perché per avere un buon raccolto bisogna aver seminato bene… E la festa di San Giuseppe, a ridosso dell’equinozio, un tempo simboleggiava l’inizio della buona stagione, con i riti propiziatori per un buon raccolto. Naturalmente quest’anno tutte le feste dedicate al Santo non si potranno svolgere, ma vogliamo ugualmente ricordare alcune di queste preziose tradizioni, ricche di radici spirituali e culturali antichissime, nei piatti tradizionali dove i legumi diventano protagonisti. Eccone alcuni, radicati soprattutto al sud: In Calabria, oltre alla classica ciciri e tria o massa di S. Giuseppe, una pasta fatta in casa con i ceci, troviamo anche la cicerata di San Giuseppe, ravioli dolci ripieni di crema di ceci, e, nel paese di Longobucco, nella Sila greca, in provincia di Cosenza, l’U’mmit e San Giuseppe, ovvero una pasta condita con sugo di ceci e fagioli, accompagnata dalla zuppa di baccalà, offerta un tempo ai bisognosi e oggi ai cittadini presenti (U’mmit infatti significa invito). A Mottola, in provincia di Taranto, è usanza che attorno al grande falò di San Giuseppe si assaporino ceci abbrustoliti, chiamati calia, insieme ad un buon bicchiere di vino. TAVOLE DI SAN GIUSEPPE E la presenza dei legumi è preponderante anche nelle “Tavole di San Giuseppe”, che ancor oggi si preparano in molti comuni abruzzesi, pugliesi, calabresi e siciliani, e originariamente nate con l’intento di offrire del cibo ai poveri. Tra i tredici piatti preparati in onore del Santo troviamo infatti li fai cu lla sarda, un purè di fave con la sarda, cicir e fasul, ceci e fagioli con il baccalà fritto, e la massa, una tagliatella fatta in casa condita con ceci, olio cotto, cipolla, scalogno, prezzemolo, cannella e pepe, un piattino leggero leggero… Le tredici pietanze possono variare da luogo a luogo, ma ceci, fave e fagioli sono sempre presenti. La pasta con i ceci, dai vari formati e condita in più modi, diventa il piatto tradizionale per questa festività anche nel Lazio e in Sicilia. Qui, nel catanese, si usa preparare il macco di San Giuseppe, con una purea di fave, mentre nel palermitano (a Partinico in particolare) si consumano le cassatelle ripiene di passata di ceci, zucchero, cannella, gocce di cioccolato e zucca candita. MACCO DI SAN GIUSEPPE Ma un po' in tutta la Sicilia troviamo la minestra di San Giuseppe, o i tagghiarini (una tagliatella abbastanza sottile) ai sette pitanzi o virgineddi, con un mix di sette ingredienti tra legumi, in genere tre, e verdure di stagione, quattro. A Scicli (RG), in occasione della Cavalcata di San Giuseppe, tra le degustazioni offerte, c’è anche quella dei famosi fagioli cosaruciaru, presidio Slow Food.
Nel Molise, a Riccia (conosciuta anche per il suo pregiato fagiolo bianco) è usanza preparare il calzone di San Giuseppe o Cavezone, ora divenuto prodotto De.Co., e consumato anche in occasione della Pasqua. A Milis, in provincia di Oristano, in occasione della tradizionale Festa dei Ceci in onore di San Giuseppe si preparano, dal 1920, pentoloni di ceci conditi con pezzi di lardo, olio e finocchietto selvatico da distribuire a tutta la comunità e agli ospiti. Infine a La Spezia, per la festa del patrono, il 19 marzo si preparano delle frittelle di ceci chiamate “cuculli”, nome di derivazione toscana, che indica il bozzolo non ancora maturo. Comments are closed.
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June 2021
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